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- Lo ha fatto fucilare? - gli chiese il generale.
- Signor no. Il soldato non ha fatto che quanto gli è stato ordinato. Egli non ha mai pensato, dicendo “Alt! Zaini a terra” di emettere un grido di stanchezza o di indisciplina. Egli ha solo voluto trasmettere un ordine ai suoi compagni. Gli esploratori hanno avuto, poc'anzi, un morto, l'alt era necessario per dar loro il tempo di riconoscere il terreno.
- Lo faccia fucilare egualmente. - rispose freddamente il generale. – Ci vuole un esempio!

Siamo nel 1916-1917 sull'Altipiano di Asiago, gli italiani e gli austriaci sono mandati a schierarsi gli uni contro gli altri per difendere pochi metri di suolo forse, per morire in nome dell'Italia dicono, per partecipare ad una guerra folle.  E' la storia di uomini stanchi, di fango e ozio, di disperazione e silenzio, di un senso che si spegne con lo sgretolarsi del fervore patriottico e ideologico. Chi ci manda qui a combattere? Chi sono? E contro chi combattiamo? Queste sono le domande che ci poniamo sempre leggendo, mettendole nella testa di ogni singolo soldato. Contadini, intellettuali, universitari, uomini del sud e del nord, messi insieme e diretti da comandanti folli, alcolizzati, che esaltano virilità, eroismo, coraggio di fronte al suicidio. E' la guerra dell'alcool, soldati e generali potevano accettare di essere in quell'inferno solo non pensando, uccidere solo dopo aver tracannato un lungo sorso di cognac. Se si fosse messa a tacere l'artiglieria la guerra sarebbe continuata, se avessero eliminato il cognac la guerra sarebbe cessata.

Nell'impeto cieco della guerra, non rabbia non stanchezza, solo la pazzia sembra avvicinarsi, come logica conseguenza dell'orrore. Ma qualcuno evita di bere e sceglie di pensare, si oppone aggrappandosi ad un barlume di senno che stanco sembra sopravvivere.

L'introduzione è di Mario Rigoni Stern.

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