Solo il mimo canta al limitare del bosco

Mondadori, 2024
Traduzione di Silvia Stefani
300 pagine
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Ou
 "È così che il mondo finisce
è così che il mondo finisce
è così che il mondo finisce
non con uno schianto ma con un gemito." 
I capolavori della fantascienza sono in realtà dei saggi di filosofia, e indagano, ambientandoli in un lontano futuro, i nodi più importanti del presente. Questo è uno dei casi più brillanti.
Nel 2467 gli umani sono poco più che animali senza coscienza che vagano senza scopo, ad un passo dall'estinzione: non ci sono più bambini, non ci sono famiglie, non si formano nemmeno coppie, secondo una logica di individualismo spinto e di culto della privacy. Per decenni sono stati i robot a prendere le decisioni, a curare le città, a tenere in ordine. Ora anche loro sono pochi, e quasi tutti di livelli base, meccanismi che perpetuano i propri movimenti senza sapere perché e senza più guida. Le città stanno cadendo a pezzi, e a nessuno verrà in mente di porre rimedio. L'unico che potrebbe è Spofforth, il robot più perfetto della storia, con capacità smisurate inserite nello splendido corpo, instancabile, di un uomo nero. Però Spofforth da anni non vuole più vivere, gli è chiaro che non ha più senso. Ma il suicidio, che tenta più volte dalla cima di un grattacielo, gli è proibito dal suo software. C'è poi Bentley, un uomo che ha imparato a leggere da solo, ed è l'unico al mondo che sappia farlo: i libri lo portano a desiderare una vita migliore. E c'è Mary Lou, testarda, anarchica, che vive in un gabbia dello zoo, rifiuta le droghe di stato, disobbedisce a ogni ordine, e vuole cambiare il mondo.

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