The Fragile
Nine Inch Nails
Nothing Records, 1999
identità
solitudine
musica
ossessione
conflitto
ricerca
perdita
inquietudine
alienazione
rabbia
I'd listen to the words he'd say
But in his voice I heard decay
The plastic face forced to portray
All the insides left cold and gray
There is a place that still remains
It eats the fear it eats the pain
The sweetest price he'll have to pay
The day the whole world went away
But in his voice I heard decay
The plastic face forced to portray
All the insides left cold and gray
There is a place that still remains
It eats the fear it eats the pain
The sweetest price he'll have to pay
The day the whole world went away
Con questo monumentale concept album dalla durata complessiva di circa 103 minuti, Reznor si mostra per la prima volta nel suo lato umano, mettendo a nudo, analizzando e assemblando con precisione maniacale i tasselli della crisi depressiva che, negli anni precedenti la pubblicazione dell'album, lo avevano condotto sull'orlo del collasso psicologico; non più dominato dall''ottica cinica e nichilista che lo aveva caratterizzato nel corso della sua discesa agli inferi, “Mr. Autodistruzione” (il fittizio alter-ego dell'autore, la cui vicenda viene narrata nella precedente uscita della band, The Downward Spiral) si rivela qui in tutta la sua sofferta umanità, non esitando a riconoscersi, appunto, “fragile”; svanita ogni illusione, dissipatasi la volontà di potenza e affermazione che aveva guidato le deleterie scelte del protagonista, a questi non resta che il vano tentativo di riemergere dall'abisso di un male multiforme e multisfaccettato che definire depressione sarebbe estremamente riduttivo; esso ha infatti minato ogni ambito di quella che fu la vita di un individuo ormai ridotto a nulla più che un'ombra di se stesso, al quale nulla è rimasto fuorché rabbia, dolore e rimpianto, precludendogli ogni possibilità di riscatto e condannandolo a ripercorrere infinite volte gli stessi logori percorsi mentali. Quello descrittoci da Reznor è un coacervo di emozioni talvolta contrastanti, che si susseguono senza requie nel corso dell'opera, esplicitandosi in particolar modo nel tormentato rapporto tra una società cieca e sorda dinnanzi alla sofferenza che ha contribuito a plasmare e un “noi" che è frutto a sua volta della complessa interazione tra “Mr. Autodistruzione" e un individuo non meglio specificato, presumibilmente un'amante, una compagna o un amico, cui sono riservati attacchi caustici e spietati quanto eclatanti dichiarazioni di affetto. Il lungo viaggio nei più oscuri recessi della psiche di un uomo devastato, annullato ma ostinato a perseverare nel proprio intimo calvario, che costituisce quest'ambiziosa opera presenta un sound omogeneo e straordinariamente compatto pur vantando un'estrema varietà stilistica: a farla da padrone sono i riff dissonanti di chitarre e affini (numerose sezioni sono infatti affidate a strumenti piuttosto inconsueti, quali l''ukulele o la slide guitar), che, pur non brillando in quanto ad abilità esecutiva o capacità compositiva, si rivelano sicuramente d'impatto e adatti a sostenere l'elettronica (che, anche se in maniera ridotta rispetto ai dischi precedenti, gioca un ruolo fondamentale nella musica marchiata NIN) e la voce di Reznor, capace nonostante l'assenza di una vera e propria tecnica canora di rivelarsi estremamente versatile, passando da urla lancinanti a soavi sussurri quasi inudibili attraverso, ovviamente, quelle harsh vocal protagoniste di buona parte del rock alternativo anni '90.
Qualcosa sull'autore
Formazione iconica ma incredibilmente anomala nel panorama della musica industriale, tanto disprezzata dai puristi quanto idolatrata anche al di fuori delle ristrette linee di demarcazione del genere, quella capitanata dal cantante e polistrumentista Trent Reznor è indubbiamente fautrice di un'apertura a sonorità maggiormente orecchiabili (pur nel rispetto di un taglio stilistico assolutamente personale e perfettamente riconoscibile). Reznor è peraltro unico membro fisso del complesso e ideatore della totalità dei brani pubblicati a nome Nine Inch Nails. La band si è dimostrata, nel corso della sua ormai trentennale carriera (l'album di debutto, Pretty Hate Machine, risale infatti al 1989), capace di attraversare, trascendere e ridefinire canoni e confini della musica rock e della sua controparte industriale, fondendo all'abrasività noise della suddetta una spiccata sensibilità melodica e una marcata vena introspettiva, la cui portata umana e artistica, frutto di un'urgenza espressiva difficilmente ripetibile, trova in The Fragile la sua vetta più alta.
Rilanci
Pink Floyd - The Wall
Marilyn Manson - Mechanical Animals
Foetus - Nail
A Perfect Circle - Mer De Noms
Have A Nice Life - Deathconsciousness
Marilyn Manson - Mechanical Animals
Foetus - Nail
A Perfect Circle - Mer De Noms
Have A Nice Life - Deathconsciousness
Perché lo consigli
Sebbene l'ascolto integrale di quest'opera possa risultare ostico per un novizio del genere, non è affatto difficile ravvisare la presenza di strutture melodiche ben consolidate nell’'ambito della musica popolare, opportunamente celate sotto strati di distorsioni noise, martellanti percussioni industriali e aggressività di derivazione metal, e sapientemente manipolate da un approccio innovativo, personale e al contempo in grado di fare breccia nel cuore e nell’'immaginario delle masse, alla stesura e alla composizione dei brani: ciò, unito alla profondità e alla molteplicità delle tematiche trattate, ne fa non solo una perla della musica industriale innovativa ma comunque equilibrata, ma anche e soprattutto l'opera massima di un artista simbolo di una generazione, capace di reinventarsi a ogni nuova uscita mantenendosi nel solco della propria decennale tradizione.