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Dopo tre anni di carcere aveva imparato a passare il tempo coi mezzi più semplici, solo che per i primi dieci minuti fumò una sigaretta senza pensare ad alcun gioco, ma quando buttò il mozzicone sulla ghiaietta del viale pensò che il numero dei sassolini dei viali e vialetti del giardino, era un numero finito. Anche il numero dei granelli di sabbia di tutte le spiagge del mondo poteva essere calcolato ed era un numero finito, per quanto grande fosse, e così, fissando a terra, cominciò a contare.
Milano da bere, anni '60, Duca Lamberti è un uomo che ha pagato per i propri crimini: tre anni di carcere per aver somministrato “la dolce morte” a una paziente terminale della clinica in cui era stato assunto fresco di laurea in medicina. La carriera stroncata, la morte del padre immediatamente dopo lo scandalo del figlio, probabilmente di crepacuore, Duca si ritrova libero ma senza nessuna prospettiva futura. Unico punto di riferimento l'amico e collega del padre, un poliziotto, che lo mette in contatto con l'ingegner Pietro Auseri, piccolo imperatore della plastica. L'uomo ha un incarico per lui, sua ultima carta: deve trovare il modo di disintossicare il figlio Davide dall'alcol. Duca accetta e conosce Davide, un ragazzone docile e silenzioso, e capisce subito che l'alcolismo è collegato a qualcosa di profondo, che ha ferito irrimediabilmente il ragazzo. E con rude dolcezza riesce ad estorcere la verità al ragazzo, una verità che introduce i due nell'intricata ragnatela di un losco affare, di prostituzione e di morte.

Commenti

Avatar _vivi_cera_
13/05/2024 20:50
2AC - Liceo Rosmini, Rovereto
Questo libro mi è piaciuto molto perché a differenza di molti altri libri mi ha coinvolto subito dalla prima pagina, un fatto che io apprezzo molto, ma che non molti autori riescono a accontentare. Inoltre non c'è stato nessun momento in cui mi sia annoiata o in cui abbia avuto voglia di saltare le pagine. Il libro insegna molto è cruento, ma realistico mostra avvenimenti che ancora in una società di oggi ci sono ma che vengono tralasciati perché troppo difficili da combattere come ad esempio la Mafia. Questo libro affronta il tema dei ricatti delle ingiustizie e insegna che talvolta per combatterle bisogna essere violenti, perché altrimenti non si risolve nulla. Il finale mi è piaciuto molto, l'unica critica è che avrei preferito che i personaggi alla fine si fossero riuniti in un legame di amicizia più profondo, perché sembra quasi che il lavoro del protagonista sia stato fatto e che poi non interessi più del legame sociale; tralasciando questo è stato molto bello. Ho anche apprezzato che alla fine ci sia stata una autobiografia dell'autore durante il quale scrive una frase molto significativa che vorrei riportare ossia: “Una voce, una carezza, un gesto di tenerezza, saranno sempre più forti e risolutivi di un miliardo di parole scritte dal più grande poeta di tutti i secoli”. Questa frase mi ha colpito molto perché essendo lui uno scrittore non ci si aspetterebbe mai che potesse riportare una frase di questo calibro. Io penso che l'abbia fatto per far capire che le parole possono aiutare fino a un certo punto, ma poi bisogna intervenire attivamente. Dopo questa frase scrive anche: “Noi viviamo di queste voci di queste carezze di queste tenerezze, non di libri, io che scrivo lo so”. Anche in questa frase secondo me fa capire che c'è bisogno, come viene affrontato appunto nel libro, di lottare per il giusto. Ma secondo me Scerbanenco vuole specificare che un lettore che ha appena finito il suo libro non deve abbandonarlo lì come un libro di parole, ma deve prenderlo come una spinta a iniziare a non tralasciare le cose che veramente servono per migliorare il mondo in cui ora viviamo che è differente dal 1966, l'anno in cui ha scritto il libro, ma la società di quel tempo si può rapportare con quella di adesso perché non è passato molto tempo e inoltre persone che fanno del male sono ancora presenti. Il libro inoltre penso possa essere preso anche come esempio del rispetto per le donne. In questo libro le donne vengono usate come oggetti per sfruttamenti inconcepibili. Insomma dopo questo libro posso dire di aver appreso di più la complessità della vita e il bisogno di aiutare il giusto. Consiglio questo libro a chi è ispirato dalla trama, a chi vuole affrontare il tema di giustizia, ma non la giustizia che pensiamo, un altro tipo di giustizia che affronterete se deciderete di leggere questo libro e lo consiglio inoltre a chi piace il genere di thriller psicologico e il genere di libri un po' violenti.

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Avatar Lucrezia
16/03/2023 22:32
1O - Liceo Galvani, Bologna
“Venere privata” è un poliziesco particolare, anzi, inquietante forse è il termine più corretto per definirlo. Inizialmente, ho scelto di leggerlo spinta dalla curiosità che mi aveva suscitato la trama quasi assurda, molto cruda rispetto ai libri che sono abituata a leggere. Inaspettatamente, si è rivelata una lettura alquanto interessante. La grande frequenza di dialoghi permette di sentirsi coinvolti nella ricerca del vero perchè della morte di Alberta Radelli e consente, pagina dopo pagina, di capire sempre meglio come ragioni l'ex medico/investigatore Duca Lamberti. Nonostante le sue doti positive, c'è da dire che comunque il racconto tratta argomenti delicati e descrive scene abbastanza spiacevoli, motivo per cui consiglierei questo libro a due tipologie di lettori: quelli già appassionati del genere e quelli curiosi di leggere qualcosa di completamente diverso da tutte le letture con le quali si siano mai confrontati, pronti ad affrontarne i rischi. Il linguaggio è di facile comprensione e in grado di generare un'angoscia crescente nel lettore, che un capitolo dopo l'altro si appassiona sempre di più alla storia e non vede l'ora di scoprire come vada a finire. Nel complesso quindi ho apprezzato il racconto, ma devo ammettere che alcune scene mi hanno leggermente infastidita.